La nuova centralità urbana di Scampia
di Carmine Piscopo, Assessore all’Urbanistica del Comune di Napoli dal 2013 al 2021 1
Disposte nel margine settentrionale del territorio comunale, per lungo tempo interpretate come luogo di frontiera di una città chiusa nei propri confini amministrativi, le Vele hanno da sempre mostrato una vitalità e una resistenza alle narrazioni comuni, disponendosi, nel territorio, come nelle relazioni politiche e sociali, come la punta più avanzata di un modello di città aperta, che si costituisce sull’universalità dei diritti e sulla centralità delle sue forme. Un caso emblematico di “nuova centralità”, non solo fisica, quanto, anche, geografica, politica ed esistenziale, che fa della complessità e del riscatto la frontiera di una trasformazione collettiva, cui hanno lavorato, congiuntamente e con ruoli diversi, Collettività, Istituzioni, Università, nel dar vita a un più ampio processo di rigenerazione. Che oggi ne prolunga il movimento.
Fine dei “grandi racconti”
Figlie di un intenso dibattito sorto intorno agli anni ’50 e ’60, e poi sulla scorta degli studi della Commissione Piccinato (1964), le Vele costituiscono l’emblema di una stagione dell’architettura fondata sull’utopia dell’edificio per alloggi collettivi, sul decentramento dei pesi insediativi dal centro città, sul gigantismo dei piani di zona e sulla grande dimensione, sul ruolo dell’architettura nella costruzione della città moderna. E, ancora, sulla matrice funzionalista degli studi urbani che attraversava il panorama disciplinare di quegli anni e sull’insieme delle relazioni che si andavano stabilendo tra l’abitare moderno, l’espansione edilizia e urbanistica e il rinnovato quadro delle loro declinazioni semantiche. Andrebbero, ancora, qui ripercorsi il dibattito sulle 167, il richiamo alla tradizione autentica del Movimento Moderno, alle ipotesi di fondazione e rifondazione del panorama disciplinare, alla definizione di “nuovo insieme urbano”, in relazione alle previsioni dei nuovi assi di sviluppo territoriale, alla messa a punto delle previsioni connesse con l’espansione, con la crescita e il decentramento della città, con i modelli sociali ed economici che trovavano spazio nel panorama del primo nucleo di formazione delle esperienze del Centrosinistra a Napoli e in Italia.
Parimenti, e di contro, andrebbero qui riportati il dibattito degli anni ’80 e ’90, l’insieme delle rivendicazioni, delle lotte urbane e delle denunce delle condizioni di invivibilità che hanno sin dalle origini attraversato il panorama di quegli anni, le prime grandi mobilitazioni e i primi riconoscimenti di quanto quella utopia fosse così astrattamente legata a modelli urbani che si erano dimostrati nel tempo non in grado di prevedere e coordinare la crescita e l’adattamento dei nuovi insediamenti collettivi, sorti in assenza di indirizzi di relazione o di profonda connessione con le altre parti del territorio urbano.
Se già nel 1988, prendono infatti avvio le prime manifestazioni e le mobilitazioni cittadine che porteranno all’istituzione da parte del Comune di Napoli di una Commissione Tecnica per accertare responsabilità e possibilità di intervento, già nel marzo 1989 la Commissione comunale conferma i “guasti” denunciati nelle assemblee, dando particolare rilievo alle condizioni statiche, alle caratteristiche termoigrometriche, all’agibilità dei sistemi tecnologici, alle condizioni di salubrità e di benessere, nonché abitative, infrastrutturali e urbanistiche 2.
Un percorso, questo, nel quale si è a lungo registrato l’alternarsi di visioni differenti, spesso marcate da punte di radicalità, tra coloro i quali hanno fatto proprie le istanze di invivibilità delle realtà sociali, animate non dal solo spirito di urgenza di fuoriuscita dalla marginalità, quanto, anche, di una necessaria revisione, dall’interno, dei modelli insediativi, e le istanze di quanti hanno visto nella conservazione e nel completamento dell’impianto di Franz di Salvo, di cui restano oggi in piedi tre delle originarie sette Vele, una necessaria operazione di continuità 3. Un confronto, questo, nel quale si sono a lungo registrati, dall’uno e dall’altro lato, l’opporsi di differenti argomentazioni, che hanno finito, con il tempo, con il generare visioni profondamente diverse internamente alla cultura architettonica e al dibattito sociale. Una discussione, che Antonio Memoli, in questo prezioso testo, con pazienza e con profondo acume, ricostruisce e offre a una nuova discussione collettiva. Vale solo la pena di richiamare, in ambito scientifico, le numerose retrospettive, presentate ad opera delle Biennali nell’ambito di Esposizioni Internazionali di Architettura, che hanno evidenziato quanto dietro tale atteggiamento si celi il senso della perdita di un riferimento certo dell’architettura, che vede nella cultura e nel dibattito di quegli anni l’ultimo atto di un modernismo eroico, che ha finito con il produrre, nel confronto con la realtà, l’impoverimento di istanze autenticamente moderniste, entro cui il Moderno stesso non ha potuto specchiarsi senza provare disagio. Il cui ribaltamento, sulle spalle delle collettività, ha generato profondi conflitti e dialettiche, in alcuni casi irriducibili.
Se la fine dei “grandi racconti” ha potuto mettere in luce punti di crisi di immaginari separati dalle realtà sociali, è grazie a questo “conflitto”, che illumina istanze, desideri, bisogni di collettività a lungo rimaste schiacciate, che oggi finalmente esse emergono con la propria “verità storica rimossa” (Celati, 1975), con la propria “cattiva utopia” (Cacciari, 2009), mostrando il frangersi, per effetto del suo stesso passaggio, di castelli ideologici. Come frantumi di castelli, esse oggi riemergono dal rimosso della storia.
“Re-start Scampia. Da margine urbano a nuova centralità metropolitana”.
È sulla scorta di tali studi, nonché nella maturazione di un punto di vista diverso dal passato, aperto a relazionarsi con il nuovo portato della Città Metropolitana, che “Re-start Scampia” 4 ha mosso i suoi primi passi. Tornando così a ricomporre, e a riavvicinare, come aspetti di una stessa ricerca, culture formali e informali, nuove sensibilità progettuali, mutate condizioni fisiche e sociali, con le istanze della collettività, e riconoscendo, ancora, quanto l’architettura sia parte di un processo più grande, al quale, congiuntamente, Collettività, Istituzioni, Università (Dipartimenti di Architettura e di Ingegneria) hanno saputo dare impulso.
“Re-start Scampia” 5 si costituisce così sulla spinta del Comitato Vele, sull’insieme delle istanze della collettività, attraverso momenti assembleari diretti e un intenso programma di partecipazione (di cui si dirà più avanti), di intervento istituzionale e di coinvolgimento della cultura accademica, fino alla redazione dello Studio di Fattibilità, i cui interventi sono sintetizzati in 6 azioni fondamentali, come di seguito il sito ricostruisce con attenzione.
È su queste basi, dunque, e nella disamina attenta di studi, ricerche, elaborazioni stratificatesi nel tempo, che nasce “Re-start Scampia”, il progetto di rigenerazione urbana, con il quale il Comune di Napoli ha partecipato, classificandosi tra gli interventi finanziati, al “Bando per la presentazione di progetti per la predisposizione del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle Città Metropolitane e dei Comuni Capoluogo di Provincia“.
Il progetto, già interessato da una quota di cofinanziamento di circa 9 milioni di euro nell’ambito del PON Metro, ha ottenuto così un finanziamento di circa 18 milioni di euro, cui si sono, in una prima istanza, aggiunte ulteriori risorse economiche reperite dai capitoli di bilancio che formano il Patto con la Città (30 milioni di euro) sottoscritto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri a Napoli nell’ottobre 2016, nonché l’ulteriore finanziamento già previsto dal Governo per la Città Metropolitana (30 milioni di euro) e un ulteriore impegno di risorse proprie programmate dalla Città Metropolitana (20 milioni di euro). Impegni finanziari, questi, che a giugno 2021, l’Amministrazione de Magistris ha provveduto a incardinare nel PNRR, in un più ampio quadro di finanziamenti destinato all’Edilizia Residenziale Sociale.
Un’operazione, dunque, di ingegneria finanziaria, che ha tenuto insieme numerose competenze e diversi strumenti, con il coordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in un programma organico di interventi interrelati: dalle questioni abitative incardinate in un complesso programma di trasferimento dei nuclei insediati, agli interventi previsti dal Patto per Napoli, al Bando Periferie, all’intera revisione del sistema della mobilità e della connettività urbana e metropolitana, fino alla predisposizione di un bando internazionale per la rigenerazione dell’intera area ricadente nel Lotto M, alle aree del Parco della Socialità, alla rimodulazione dell’edificio della Stazione della Metropolitana, con funzioni di riconnessione tra i quartieri di Scampia e di Piscinola. Un programma, nel quale trovano spazio l’abbattimento di tre Vele, la rigenerazione e la trasformazione della Vela celeste (destinata, in prima istanza all’abitare temporaneo e, in un secondo tempo, a funzioni pubbliche e sociali), la dotazione di nuovi servizi urbani integrati, nuove attrezzature collettive, spazi comuni, standard di quartiere, asili nido, luoghi per l’istruzione e la formazione professionale, per l’assistenza e per la produzione di nuove forme di socialità, aree per lo sport, il tempo libero, la cultura, insieme con un piano di diversa e di nuova residenzialità, dall’edificio della Stazione al grande parco, con l’obiettivo di trasformarli da “barriere che separano” in elementi di riconnessione del tessuto urbano e luogo di concreta vivibilità della collettività.
Non solo, dunque, un intervento di demolizione delle Vele A, C, e D, quanto un progetto complesso di rigenerazione e di apertura al territorio, in un disegno di nuova centralità.
Con tale spirito, l’Amministrazione de Magistris aveva previsto, prima della recente rimodulazione operata dalla nuova Amministrazione (tra il 2022 e il 2023), la redazione di un nuovo piano urbanistico attuativo, avente ad oggetto la rigenerazione del lotto M, del Parco e delle nuove connessioni, da affidare a specifica gara di progettazione internazionale, al fine di consentire, in uno con la collettività, il più ampio dibattito e la più ampia partecipazione pubblica alla trasformazione dell’intera area. Circa le demolizioni, l’Amministrazione comunale, tra il 2018 e il 2020, ha inoltre predisposto e bandito tutte le gare di progettazione, ha curato con il Governo l’insieme degli atti amministrativi e contabili, e nel 2020 ha concluso i lavori per l’abbattimento della Vela Verde, la risistemazione delle aree scoperte e le operazioni di varianti urbanistiche.
La collettività autrice di un progetto.
Con tale proposta, elaborata insieme con il Comitato Vele, con le realtà sociali e le reti attive sul territorio, con i Dipartimenti di Architettura e di Ingegneria dell’Università Federico II, si conferma dunque una visione progettuale tesa a realizzare una nuova dimensione metropolitana dell’area di Scampia. Alla base, una duplice volontà: riconoscere che quanto abbiamo a lungo chiamato “margine urbano”, o, di più -e peggio- “periferia” (con tutto il portato semantico di tale termine), si dispone, oggi, alla scala della Città Metropolitana, come il centro di una Città continua che da Napoli arriva a Caserta. E, insieme, costruire il luogo di una discussione pubblica, che restituisse centralità ad un processo, fatto di istanze, di rivendicazioni, di lotte, ma anche di visioni progettuali, nel loro farsi nuovo quadro di cultura. Inaugurando, così, un processo del tutto inedito, fondato sulla dialettica, sulla partecipazione diretta, sulla definizione di nuove forme di decisionalità, sulla convergenza di differenti autonomie, in un processo di soggettivazione collettiva. Attraverso l’architettura, straordinaria “macchina” collettiva.
Il luogo deputato a tale discussione non poteva che essere pubblico. È presso le Vele, dunque, che si sono tenute numerose assemblee territoriali, nella progressiva messa a punto degli obiettivi progettuali mai disgiunti dal diritto all’abitare, fino alla formalizzazione delle scelte amministrative. Così, mentre su altri schermi, estranei a tutto ciò che stava accadendo, andava in scena una narrazione convenzionale di Scampia, le Vele si disponevano come il luogo di accoglienza di una discussione aperta, che pratica la demolizione delle narrazioni e delle cattive novelle con la medesima forza con cui si realizza un riscatto popolare, mentre, contestualmente, altri confronti si andavano svolgendo nelle aule universitarie, negli Uffici del Comune, nella sede dello storico Comitato Vele e, di là in poi, in piazza Montecitorio, nelle sale di Palazzo Chigi, nelle commissioni Ambiente e Territorio della Camera e del Senato e nell’Aula della Camera, dove, il progetto, durante una storica seduta, è stato presentato e discusso alla presenza delle più alte cariche dello Stato. E di là, di nuovo in circolo, allorché lo Stato, attraverso i propri rappresentanti, è stato accolto, in un atto di ricezione e di amore, nelle case degli abitanti delle Vele. Fino alla Biennale del Cinema di Venezia e alle numerose rassegne culturali nazionali e internazionali.
Un ruolo di decisivo protagonismo, e di costruzione, va qui naturalmente riconosciuto al Comitato Vele, la cui costituzione avviene quale processo storico di rottura di pratiche di consociativismo e di esclusione delle collettività dai luoghi decisionali: dal diritto alla casa, al lavoro, alle condizioni di vivibilità, ai diritti civili, al riscatto sociale, al volontariato, alla cura dei luoghi, al diritto all’infanzia, alle clausole sociali… L’elenco, in tal senso, è lungo, ma non basta. Poiché vi è di più: il Comitato ha qui riscritto la storia del quartiere, opponendo a una storia di rassegnazione e di subalternità (data una volta per tutte), la storia che “non c’è”, quella da costruire e immaginare tutti insieme, da sovrascrivere alle narrazioni dominanti, ribaltando il piano della rassegnazione nella sfera dei diritti e mettendo in atto una prospettiva di coesione intergenerazionale entro un quadro di condizioni sociali estremamente difficili, coniugando la speranza con la rivendicazione, l’ideazione e la lotta, in una moltiplicazione di raggi di influenza e nella costruzione di un metodo. Dalla storia del quartiere, dunque, scritta una volta per tutte, alla sua riscrittura e reinvenzione: è nella frase “siamo sognatori abusivi”, che Restart Scampia si fa buona novella e terreno della determinazione politica, che abbatte i “mostri di cemento” come si abbattono le narrazioni ghettizzanti, come ogni pratica tesa a rubare il futuro o il sorriso dei più piccoli.
Il principale risultato di questo percorso, che ha visto, così, la trasformazione di una prima proposta progettuale in un insieme di progetti finanziati e di gare pubbliche, non è solo nel progetto, di cui la collettività è concretamente autrice, quanto, anche, nel dar vita a un processo di coesione, che ha riavvicinato, e tenuto insieme, in un reciproco rispetto di autonomie, Istituzioni e collettività, comitati, associazioni, cittadini, abitanti, a partire da un’operazione di sperimentazione diretta di forme inedite di partecipazione e di costruzione di un dibattito pubblico, aperto ad accogliere dialettiche ritenute irriducibili. Un percorso, che ha tenuto insieme, come aspetti di una stessa ricerca, architettura, collettività, partecipazione alle scelte, realtà fisiche e sociali, città e politica.
Un processo, questo, che trova completamento nella parallela costruzione e inaugurazione della nuova sede del Polo Universitario per le Professioni Sanitarie, (originariamente noto come Facoltà di Medicina di Scampia). Frutto di un Accordo di Programma, la cui realizzazione e ultimazione dei lavori è avvenuta grazie a un intenso sforzo dell’Amministrazione de Magistris, sorto sull’area di sedime delle Vele abbattute, la nuova sede universitaria ha avviato il primo ciclo laboratoriale di formazione nel 2022, rilanciando, grazie allo straordinario processo popolare che qui si è costituito, la prospettiva degli interventi previsti da “Restart Scampia”.
È nell’insieme di tali azioni, nel combinato disposto che tiene insieme “Restart Scampia” con il completamento e l’inaugurazione della nuova sede dell’Università, che si è data forma concreta alle nuove direttrici di sviluppo che hanno saputo conferire a Scampia una nuova dimensione, che oggi mostra tutta la propria forza rigeneratrice. E si dispone come la punta più avanzata di un processo di cambiamento, che ha fatto parlare di sé come un’esperienza che ha varcato i confini nazionali, mostrando quanto sia possibile, seppur entro dialettiche talora irriducibili, operare trasformazioni imponenti, nel loro farsi costruzioni di futuro.
Un riconoscimento di tale forza appartiene di diritto al Comitato Vele, a Vittorio Passeggio, Antonio Memoli (autore di questo prezioso sito), Omero Benfenati, Lorenzo Liparulo, Patrizia Mincione, a tutte le donne e gli uomini che, con il proprio sacrificio e il proprio straordinario agonismo, hanno affiancato, sostenuto, dato impulso al processo delle Vele. Al Sindaco Luigi de Magistris e alla sua amministrazione tutta, a Massimo Santoro, Sergio Avolio, Giuseppe Runfola. Agli abitanti delle Vele. In sintesi, nella sua espressione più ampia, al “Popolo delle Vele”.
Carmine Piscopo, gennaio 2024
- Il testo fa riferimento all’esperienza condotta come Assessore all’Urbanistica e ai Beni Comuni del Comune di Napoli, dal 2013 al 2021. ↩︎
- Sulla spinta delle mobilitazioni e delle indicazioni tecniche redatte dalla Commissione, il Comune delibera in data 10 giugno 1989 di assoggettare i lotti su cui ricadono le Vele (L e M) a Piani di Recupero ai sensi della legge 457/1978. La fattibilità del Piano di Recupero viene successivamente verificata attraverso la redazione di una proposta progettuale che prevede la realizzazione di corpi di fabbrica di 3-4 piani, con scale relazionate a 6-8 famiglie, corti di pertinenza sistemate a verde, separazione dei percorsi e realizzazione di nuovi luoghi di relazione sociale.
Le sollecitazioni poste all’Amministrazione cittadina portano nel 1994 all’approvazione di una delibera che prevede l’abbattimento [anche se parziale] delle Vele e, nel 1995, all’approvazione del piano di riqualificazione “Vele” Scampia, redatto sulla scorta di studi e proposte progettuali della Facoltà di Architettura di Napoli. La demolizione di tre Vele avviene con gli abbattimenti dell’11 dicembre 1997, del 22 febbraio 2000 e del 29 aprile 2003. L’apertura dei cantieri, per il trasferimento abitativo dei nuclei familiari presenti nelle Vele ha inizio nel 1997.
Segue, nel 1991, l’istituzione, da parte del Ministero delle Aree Urbane, di un gruppo di coordinamento costituito dai rappresentanti delle istituzioni firmatarie del programma di riqualificazione, approvato poi nel 1995 e attuato per il 90% per quanto riguarda gli interventi di edilizia residenziale pubblica sostitutiva delle Vele. Ad oggi, infatti, sono stati trasferiti nei nuovi comparti edilizi più di 800 nuclei familiari, mentre, tra il 2018 e il 2021, ulteriori nuclei familiari hanno potuto prendere possesso degli ulteriori 188 alloggi completati dal Servizio di Edilizia Residenziale Pubblica del Comune di Napoli, in via Labriola e in via Gobetti. ↩︎ - Tra i numerosi contributi, Cfr. P. Belfiore, B. Gravagnuolo, Napoli. Architettura e urbanistica del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1994; E. Sicignano, Le Vele di Scampia ovvero il fallimento dell’utopia, in “Costruire in Laterizio”, n. 65, 1998, pp. 368-373; F. Coccia, F. Costanzo, Recuperare Corviale, Kappa, Roma 2002; A. Gambardella, Postfazione, in G. Fusco (a cura di), Francesco di Salvo. Opere e progetti, pp. 180-182, Clean, Napoli 2003; S. Gizzi, Come mettere le mani sulle Vele, in “La Repubblica”, Cronaca di Napoli, 14 ottobre 2010; B. Discepolo, Il sovrintendente al Comune. Da ecomostro a monumento: Le vele non vanno abbattute, in “Il Mattino Napoli”, 2 ottobre 2010, p. 41; G. Cosenza, Per far rinascere le Vele c’è bisogno di architettura (ma non degli architetti), in “Corriere del Mezzogiorno”, 12 novembre 2010; G. Mazziotti, M. Rosi, Salviamo le Vele di Scampia, in “Corriere del Mezzogiorno”, 13 novembre 2010; A. Castagnaro, Quanto veleno su quelle Vele. Eppure, all’assessore piacevano, in “Corriere del Mezzogiorno”, 19 novembre 2010; U. Carughi, Il destino delle Vele, in “La Repubblica”, Cronaca di Napoli, 12 ottobre 2010; M. Dezzi Bardeschi, Archeologia del moderno e tramonto dell’utopia. Le Vele di Gomorra sono lo specchio del nostro imbarazzo?, pp. 2-5, in “Ananke. Quadrimestrale di cultura, storia e tecniche della conservazione per il progetto”, n. 62, Firenze 2011; F. Purini, Contro gli errori del Moderno, in “Ananke. Quadrimestrale di cultura, storia e tecniche della conservazione per il progetto”, p. 57, e P. Mascilli Migliorini, R. Castelluccio, C. Casati, Napoli: si chiuda la sperimentazione, si aprano le periferie, pp. 58-63, in “Ananke. Quadrimestrale di cultura, storia e tecniche della conservazione per il progetto”, n. 79, Firenze 2016. ↩︎
- “Restart Scampia” si costituisce e si perfeziona sulla base dell’“Accordo di Collaborazione Scientifica tra il Comune di Napoli e il DiARC (Dipartimento di Architettura), il DICEA (Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale) e il DIST (Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura)”, sottoscritto nel 2014, dal titolo “Studio per la fattibilità strategica, operativa e funzionale finalizzato alla valorizzazione e alla riqualificazione dell’area delle Vele di Scampia”. Firmatari e autori dello Studio, anche i Comitati e le Associazioni attive sul territorio, tra cui alcuni rappresentati dello storico Comitato Vele di Scampia. Fortemente voluto dal Sindaco L. de Magistris, in particolare, lo Studioè stato sviluppato dall’Assessorato all’Urbanistica (Assessore prof. C. Piscopo, arch. D. Buonanno e dott. N. Malpede) dall’Assessorato al Patrimonio (Assessore A. Fucito, arch. D. Ascione, Arch. G. Battaglia), dalla Direzione Centrale Pianificazione Generale del Territorio e Sito Unesco (Dir. Arch. G. Ferulano), dal Gruppo di Ricerca dell’Università di Napoli Federico II, composto dal DiARC (Dipartimento di Architettura – Dir. M. Losasso (Responsabile Scientifico), i proff. R. Amirante, A. Castagnaro, V. D’Ambrosio, D. Lepore, F. Palestino, P. Scala – coll. G. Esposito, V. Guadagno, F. Passaro), dal DICEA (Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale – Prof. A. Montella), dal DIST (Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura – proff.. R. Landolfo, ing. F. Portioli), e dal Comitato Vele (arch. A. Memoli, Vittorio Passeggio). ↩︎
- “ReStart Scampia. Da margine urbano a nuovo centro dell’area Metropolitana”. Progetto di fattibilità tecnica ed economica: Comune di Napoli – Assessorato all’Urbanistica e ai Beni Comuni: Ass. Prof. C. Piscopo; Responsabile Unico del Procedimento: arch. Massimo Santoro; Gruppo di Progettazione: G. Acampora, P. Antignano, S. Avolio, A. De Cicco, P. Di Pace, A. Giudice, A. Graniero, M. Rocco, G. Runfola, I. Sbrescia, M. A. Somma, E. Sommella, F. Sorrentino, A. Verde. ↩︎